Dettaglio Legge Regionale

Dettaglio legge regionale
Titolo Disposizioni urgenti di adeguamento dell'assetto organizzativo ed istituzionale del sistema sanitario regionale. Modifiche alla legge regionale 11 settembre 2020, n. 24
Regione Sardegna
Estremi Legge n. 8 del 11-03-2025
Bur n. 15 del 13-03-2025
Settore Politiche socio sanitarie e culturali
Delibera C.d.M. 30-04-2025 / Impugnata
La legge della Regione Sardegna n. 8 del 2025, recante “Disposizioni urgenti di adeguamento dell’assetto organizzativo ed istituzionale del sistema sanitario regionale. Modifiche alla legge regionale 11 settembre 2020, n. 24”, nel dettare disposizioni di adeguamento, razionalizzazione e funzionalizzazione dell’assetto organizzativo e istituzionale del Sistema sanitario regionale, presenta profili di illegittimità costituzionale con riguardo all’articolo 6, comma 1 - che sostituisce il comma 1 dell’art. 13 della legge regionale n. 24 del 2020 - censurato limitatamente al secondo periodo del sostituito comma, e con riguardo all’art. 14, per i motivi di seguito esposti.

In particolare:

l’art. 6 della legge in esame sostituisce il comma 1 dell’art. 13 della legge regionale 24/2020, concernente gli elenchi regionali degli idonei alle cariche di vertice aziendali delle aziende ed enti del SSR. Nell’ambito del testo novellato, l’ultimo periodo prevede quanto segue: “A seguito dell'insediamento dell'organo di vertice dell'azienda, il direttore generale, entro i successivi sessanta giorni, conferma o sostituisce il direttore amministrativo, il direttore sanitario e il direttore dei servizi socio-sanitari, se nominato”.

Tale previsione si pone in contrasto con i principi ricavabili dagli artt. 97, secondo comma, 98, primo comma e 117, secondo comma, lett. l) della Costituzione per i seguenti motivi:

la prevista possibilità di una decadenza automatica dei vertici aziendali configura un’ipotesi di spoils system più volte censurato dalla Corte Costituzionale, perché ritenuto in contrasto con le garanzie desumibili dal principio costituzionale di continuità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97, secondo comma, della Costituzione (sentenze nn. 104/2007; 224 del 2010 e n. 228 del 2011).

La Corte costituzionale è, infatti, ormai costante nel ritenere non ammissibili cause di cessazione dell’incarico dirigenziale all’infuori di quelle, legislativamente previste, di sospensione e revoca che, nell’ottica di una doverosa tutela delle situazioni soggettive dell’interessato, non si correlano alla valutazione delle pregresse modalità di svolgimento delle funzioni. Solo fattori interni al rapporto — e non quindi cause estranee, di qualsiasi natura, alle vicende del rapporto stesso — possono compromettere la realizzazione dei principi di efficienza, efficacia e continuità dell’azione amministrativa.

Nell’assetto della dirigenza sanitaria regionalizzata e investita da un forte processo di aziendalizzazione, le nuove coordinate del sistema — distinzione di compiti e funzioni rispetto all’organo politico, autonomia, responsabilità di risultato — esigono che il legittimo stato di temporaneità degli incarichi non si traduca nella patologia della precarietà, che significa esposizione all’arbitrio dell’organo politico o amministrativo sovraordinato.

Di recente, inoltre, con specifico riferimento al direttore sanitario e a quello amministrativo, la Corte ha definitivamente chiarito (con sentenza 23 febbraio 2023, n. 26) che la decadenza automatica dei vertici di che trattasi lederebbe il principio del buon andamento di cui all'art. 97, secondo comma, della Costituzione, poiché pregiudicherebbe l’esigenza di assicurare con continuità l’espletamento delle funzioni affidate, ancorando l'interruzione anticipata dei relativi rapporti alla cessazione del direttore generale e, dunque, prescindendo dalla sussistenza di ragioni, da valutare con le garanzie del giusto procedimento, legate alle concrete modalità di svolgimento degli incarichi e violerebbe, inoltre, anche l'art. 98, primo comma, della Costituzione, che impone ai pubblici impiegati un dovere di neutralità. Inoltre, considerato che la cessazione automatica dalle cariche di direttore sanitario e amministrativo incide sulla disciplina del sottostante rapporto di lavoro, determinandone l’interruzione, viene realizzata anche un’ingerenza del legislatore regionale nella materia dell’ordinamento civile, di esclusiva competenza statale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. l) della Costituzione.

Infine, dal tenore di quanto stabilito dall’articolo 13, comma 1, della legge regionale n. 24 del 2020, come sostituito dal comma 1 dell’art. 6 della legge in esame, risulta che la conferma oppure la sostituzione del direttore amministrativo, del direttore sanitario e del direttore dei servizi sociosanitari sono riconducibili all’assoluta discrezionalità del direttore generale; in caso di eventuale sostituzione, questa si pone in contrasto con il principio di continuità dell'azione amministrativa, richiamato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 26 del 2023, oltre che con le statuizioni dell'art. 3 del d.lgs. n. 171 / 2016.
In proposito, si richiama il disposto del citato art. 3 il quale, nell'ultimo periodo, disciplina le ipotesi di decadenza del direttore amministrativo, del direttore sanitario e del direttore dei servizi socio-sanitari ove nominato: ”Il direttore generale, nel rispetto dei principi di trasparenza di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, come modificato dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97, e di cui all'articolo 1, comma 522, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, nomina il direttore amministrativo, il direttore sanitario e, ove previsto dalle leggi regionali, il direttore dei servizi socio sanitari, attingendo obbligatoriamente agli elenchi regionali di idonei, anche di altre regioni, appositamente costituiti, previo avviso pubblico e selezione per titoli e colloquio, effettuati da una commissione nominata dalla regione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e composta da esperti di qualificate istituzioni scientifiche indipendenti che non si trovino in situazioni di conflitto d'interessi, di comprovata professionalità e competenza nelle materie oggetto degli incarichi, di cui uno designato dalla regione. La commissione valuta i titoli formativi e professionali, scientifici e di carriera presentati dai candidati, secondo specifici criteri indicati nell'avviso pubblico, definiti, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, fermi restando i requisiti previsti per il direttore amministrativo e il direttore sanitario dall'articolo 3, comma 7, e dall'articolo 3-bis, comma 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. L'elenco regionale è aggiornato con cadenza biennale. L'incarico di direttore amministrativo, di direttore sanitario e ove previsto dalle leggi regionali, di direttore dei servizi sociosanitari, non può avere durata inferiore a tre anni e superiore a cinque anni. In caso di manifesta violazione di leggi o regolamenti o del principio di buon andamento e di imparzialità della amministrazione, il Direttore generale, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, risolve il contratto, dichiarando la decadenza del direttore amministrativo e del direttore sanitario, e ove previsto dalle leggi regionali, del direttore dei servizi socio sanitari, con provvedimento motivato e provvede alla sua sostituzione con le procedure di cui al presente articolo.”.

Per quanto sopra illustrato la norma in esame, ponendosi in violazione della competenza statale esclusiva in materia di ordinamento civile, eccede anche dalle competenze statutarie riconosciute alla regione dal suo Statuto speciale e, al riguardo, si richiama quanto più volte affermato dalla Corte Costituzionale (ex plurimus sent. n. 119/2019 e n. 279 del 2020) che esonera dall'onere di confrontare le competenze legislative previste dallo statuto autonomo nel caso in cui le disposizioni censurate riguardino la violazione di competenze esclusive statali.

L’art. 6, comma 1, nella parte in cui sostituisce il secondo periodo del comma 1 dell’art. 13 della legge regionale n. 24 del 2020, va pertanto impugnato davanti alla Corte costituzionale per violazione dell'ordinamento civile, di esclusiva competenza statale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. 1), Cost. in quanto la cessazione automatica dalle cariche di direttore sanitario e amministrativo incide sulla disciplina del sottostante rapporto di lavoro, e per contrasto con i principi ricavabili dagli articoli 97, secondo comma, e 98, primo comma Cost. per quanto riguarda, rispettivamente, i principi di buon andamento e continuità dell’azione amministrativa, nonchè il dovere di neutralità gravante sui pubblici impiegati.

L’art. 14, comma 1 prevede che, per la realizzazione del processo di efficientamento e di riordino complessivo degli assetti istituzionali ed organizzativi del Servizio sanitario regionale, previsto dalla legge in esame, la Giunta regionale, su proposta dell’Assessore regionale competente in materia di sanità, entro quarantacinque giorni dall’entrata in vigore della legge, commissaria, in via straordinaria, le otto aziende socio-sanitarie locali, l'azienda ospedaliera ARNAS “G. Brotzu”, l'AREUS (Azienda regionale emergenza urgenza Sardegna) e le due aziende ospedaliero-universitarie. Limitatamente alle aziende ospedaliero-universitarie, i commissari straordinari sono nominati d’intesa con i rettori delle Università competenti. Alla data di insediamento del commissario di ciascuna azienda, il direttore generale in carica decade e cessa immediatamente dalle proprie funzioni;

il successivo comma 2 individua le attività che i commissari devono svolgere entro novanta giorni dall’insediamento: in sintesi, la predisposizione di un piano di riorganizzazione e riqualificazione dei servizi sanitari e amministrativi secondo le previsioni della legge in esame e, ai fini dell’attuazione dell’art. 32, comma 5, lettera g-bis) della l.r. n.24 del 2020- inserito dall’art. 10 della legge in esame- la predisposizione di un documento contenente una proposta di missione assistenziale per ciascuna struttura ospedaliero-sanitaria, con riferimento alla nuova definizione dei dipartimenti interaziendali;

il comma 3 stabilisce che, entro sessanta giorni dai suindicati adempimenti di cui al comma 2, la Giunta approva le linee guida per l’adozione degli atti aziendali delle aziende del SSR, su proposta dell’Assessore competente in materia di sanità;

il comma 4 fissa i termini e le condizioni dell’incarico commissariale, stabilendo che l’incarico scade dopo sei mesi ed è prorogabile una sola volta e la scelta avviene nell’ambito dei soggetti inseriti nell’elenco nazionale dei direttori generali, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del D. lgs. 171/2016; quanto alle funzioni, oltre alle funzioni straordinarie previste nell’articolo 14, i commissari svolgono le funzioni attribuite ai direttori generali; quanto al trattamento economico, è quello previsto per i direttori generali, ai sensi della normativa vigente, come stabilito dalla Giunta regionale. Inoltre, entro quarantacinque giorni dall’insediamento, i commissari straordinari nominano i direttori sanitari e i direttori amministrativi e laddove previsti, i direttori dei servizi sociosanitari;

il comma 5, infine, conferisce ai commissari straordinari la potestà di porre in essere azioni straordinarie ed emergenziali per garantire i livelli essenziali di assistenza, secondo le indicazioni dell’assessorato competente in materia di sanità e in piena sinergia tra le aziende del Servizio sanitario regionale.

Illustrate, dunque, le modalità di adeguamento organizzativo-funzionale e il commissariamento delle aziende sanitarie, come disciplinate dall’art. 14, nel merito si osserva quanto segue.

Il comma 1 dell’art. 14, laddove prevede il commissariamento in via straordinaria delle otto aziende sociosanitarie locali, dell'azienda ospedaliera ARNAS “G. Brotzu”, dell'AREUS e delle due aziende ospedaliero-universitarie della Sardegna, si pone in contrasto con i principi fondamentali in materia di “tutela della salute” e, nella specie, con l’art. 2, comma 2 octies, 3, comma 6, e 3-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, nonché con gli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, in materia di dirigenza sanitaria.

La citata legislazione statale, infatti, ha inteso garantire un procedimento di reclutamento dei direttori generali delle aziende e degli enti del SSN in cui, nell’interesse del buon andamento della pubblica amministrazione, le nomine avvengano in modo imparziale e trasparente, tra soggetti muniti delle necessarie competenze tecnico-professionali. In un tale quadro normativo, è precluso al legislatore regionale prevedere la generica possibilità di nominare un commissario straordinario, senza specificare i motivi ostativi alla sostituzione del direttore generale e senza stabilire le procedure e i requisiti necessari per detta nomina, senza che ciò determini inevitabilmente effetti lesivi della sfera di competenza statale.

Inoltre, la generica possibilità di nominare un commissario straordinario, prevista dalla norma in esame, realizza una lesione dei principi di ragionevolezza, adeguatezza e buon andamento dell’amministrazione, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, perché l’intervento legislativo regionale crea un regime atipico e non definito quanto ai presupposti, ai requisiti e alle modalità procedimentali per la nomina dei vertici degli enti del Servizio sanitario regionale.

Per quanto attiene all’istituto del commissariamento, occorre ricordare quanto affermato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 189/2022) secondo la quale “(. ..omissis.) le Regioni possono disciplinare l'istituto del commissariamento degli enti del Servizio sanitario regionale, per esigenze di carattere straordinario o in ragione di una comprovata e giustificata impossibilità di procedere alla nomina dei vertici aziendali secondo il procedimento ordinario (sentenza n. 209 del 2021); dunque, non nel caso di mera vacanza dell’ufficio poiché in tal modo sarebbe effettivamente violata la previsione di cui all’art. 3-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, con elusione del termine perentorio di sessanta giorni per la copertura della stessa vacanza. Deve trattarsi, in altri termini, di una comprovata e giustificata impossibilità di procedere a tale copertura secondo il procedimento ordinario. Si pensi, ad esempio, al caso in cui la vacanza dell’'incarico avvenga nella fase di avvicendamento tra una legislatura e un’altra; a quello di dimissioni dell’intera dirigenza sanitaria; al caso di dimissioni del direttore generale per ragioni che rendano inopportuna la stessa supplenza da parte del direttore sanitario o amministrativo; agli interventi di razionalizzazione mediante accorpamento delle aziende sanitarie” (sentenza n. 87 del 2019).

La fattispecie regionale in argomento non ricollega il commissariamento né a un'esigenza straordinaria o a una generica comprovata e giustificata impossibilità di copertura della vacanza mediante l'ordinario procedimento, né, tantomeno, ad alcuna delle fattispecie esemplificativamente indicate dalla Corte costituzionale, essendo, peraltro, tutti i direttori generali regolarmente in carica.

Ne deriva che la previsione regionale finisce anche per dare luogo ad una decadenza automatica dei direttori degli enti e delle aziende coinvolte, del tutto svincolata da eventuali inadempienze gestionali o dall’accertamento del mancato raggiungimento degli obiettivi da parte dei vertici aziendali.

Sul punto, invece, la normativa statale, segnatamente, l’art. 3-ter, comma 7, del d.lgs. n 502 del 1992 prevede che “Quando ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o del principio di buon andamento e di imparzialità della amministrazione la regione risolve il contratto dichiarando la decadenza del direttore generale e provvede alla sua sostituzione; in tali casi la regione provvede previo parere della Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis, che si esprime nel termine di dieci giorni dalla richiesta, decorsi inutilmente i quali la risoluzione del contratto può avere comunque corso”; la decadenza è automatica ai sensi del successivo comma 7-bis, quando la regione accerti il mancato conseguimento degli obiettivi di salute e assistenziali che costituisce, per il direttore generale, grave inadempimento. Al contempo, l’art. 2 del d. lgs. 4 agosto 2016, n. 171, ha introdotto una disciplina volta proprio a regolamentare l’ipotesi di mancato raggiungimento degli obiettivi da parte del Direttore generale dell’ASL, disciplinando anche i poteri suscettibili di essere esercitati in via sussidiaria dalla regione, nonché la specifica procedura - anche di sostituzione - da intraprendere al verificarsi dei presupposti di inadempimento ivi contemplati. Ne deriva che, anche ove venga rilevato il mancato compimento di “un atto obbligatorio per legge”, la regione potrà risolvere il rapporto con i vertici apicali delle aziende pur sempre nel doveroso rispetto delle disposizioni statali sopra menzionate che, si ribadisce, non prevedono, neppure a fronte di gravi inadempienze, il ricorso all’istituto del commissariamento nei termini indicati dalla disposizione regionale in esame.

Tanto rappresentato, si ritiene che la risoluzione automatica del rapporto in essere dei direttori generali, disposta dall’art. 14, non risulti conforme a quanto previsto, a livello statale, per l’istituto della decadenza, realizzando, quindi, una violazione dei principi fondamentali dettati dal legislatore statale in materia di tutela della salute, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. cui è da ricondursi la disciplina de qua (ex plurimis, sentenze n. 139 del 2022 e n. 87 del 2019), nonchè un violazione dell'art. 97 Cost., laddove il censurato automatismo pregiudica il buon andamento e l'esigenza di continuità dell'azione amministrativa.
Inoltre, la norma in esame, ponendosi in contrasto con la normativa statale di riferimento, eccede anche dalle competenze statutarie riconosciute alla regione dal suo Statuto speciale, e in particolare rispetto all’art. 4 della legge costituzionale 3/1948, lett. i) che sottopone l’intervento legislativo regionale in materia di igiene e sanità pubblica, oltre che ai limiti richiamati nell’art. 3 dello Statuto, anche ai principi stabiliti dalle leggi dello Stato.

Il comma 1 dell’art. 14 costituisce il presupposto dei commi successivi e, pertanto, la caducazione del comma 1 determina automaticamente il travolgimento dei medesimi.

L’art. 14 va, pertanto, impugnato davanti alla Corte Costituzionale in quanto, eccedendo dalle competenze statutarie e ponendosi in contrasto con la normativa nazionale di riferimento, nella specie, con gli articoli 2, comma 2-octies, 3, comma 6, e 3-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, nonché con gli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, realizza una violazione dei principi fondamentali dettati dal legislatore statale in materia di tutela della salute ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, cui è da ricondursi la disciplina statale richiamata, nonché una violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione laddove il censurato automatismo pregiudica i principi di ragionevolezza, adeguatezza, buon andamento e l'esigenza di continuità dell’azione amministrativa.

In conclusione, per quanto sopra rappresentato, le disposizioni sopra citate devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.