Dettaglio Legge Regionale

Dettaglio legge regionale
Titolo Testo di legge della Provincia di Trento approvata a norma dell'articolo 47 dello Statuto speciale di autonomia del Trentino - Alto Adige/Südtirol - Modificazioni dell'articolo 14 della legge elettorale provinciale 2003 (Legge statutaria)
Regione Trento
Estremi Legge n. del 01-01-0001
Bur n. 1 del 18-04-2025
Settore Politiche ordinamentali e statuti
Delibera C.d.M. 19-05-2025 / Impugnata
Il Testo di legge della Provincia di Trento del 18 aprile 2025, approvato a norma dell’articolo 47 dello Statuto speciale di autonomia del Trentino-Alto Adige/Sudtirol – Modificazioni dell’articolo 14 della legge provinciale del 2003 (legge statutaria), è costituito da un unico articolo, che modifica l’articolo 14 della legge elettorale provinciale 5 marzo 2003, n. 2, rubricato Eleggibilità alla carica di Presidente della Provincia e di consigliere provinciale.

Tale disposizione eccede le competenze legislative attribuite alla Provincia autonoma e presenta profili di illegittimità costituzionale.

La novella legislativa incide, infatti, sui requisiti per la rieleggibilità alla carica di Presidente della Provincia, prevedendo, da un lato, l’estensione del limite dei mandati consecutivi, stabilendo che non è rieleggibile chi sia stato eletto nelle tre precedenti consultazioni elettorali (anziché due, come in precedenza), e, dall’altro, aumentando la durata minima di esercizio della carica, prevedendo che il limite si applichi a chi abbia esercitato le funzioni presidenziali per almeno settantadue mesi, anche non continuativi (in luogo dei precedenti quarantotto).

Per effetto di tale modifica l’articolo 14, qualora approvato, disporrebbe che:

sono eleggibili a Presidente della Provincia e a consigliere provinciale i cittadini iscritti nelle liste elettorali di un comune della Regione Trentino - Alto Adige/Südtirol, compilate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1967, che abbiano compiuto o compiano il diciottesimo anno di età entro il giorno dell’elezione e che risiedano, alla data di pubblicazione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali, nel territorio della Regione;

non è immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Provincia chi sia stato eletto alla carica nelle tre precedenti consultazioni elettorali e abbia esercitato le funzioni per almeno settantadue mesi anche non continuativi, precisandosi che questa ulteriore limitazione si applica ai soli presidenti eletti a suffragio universale diretto.

Tale modifica legislativa si pone in contrasto con l’articolo 47, secondo comma, dello Statuto del Trentino-Alto Adige, per mancato rispetto di uno dei limiti che quest’ultima disposizione, di rango costituzionale, pone a carico della fonte legislativa statutaria di cui la Provincia autonoma di Trento fa ora uso; apporta, altresì, violazione agli articoli 2, 3, 48 e 51 della Costituzione, nei termini oltre argomentati.

Il limite in questione è costituito da uno dei “principi dell’ordinamento della Repubblica” stabiliti in materia di requisiti soggettivi per l’elettorato attivo e passivo per le cariche elettive delle Regioni e delle Province autonome, in particolare introdotto dalla legge 2 luglio 2004, n. 165, adottata in attuazione di altra disposizione costituzionale, l’art. 122, primo comma, Cost., relativo alle Regioni a statuto ordinario.

Il sistema elettorale regionale, ivi inclusi i requisiti soggettivi per l’elettorato attivo e passivo, nonché la disciplina dei mandati, è inquadrato dall’articolo 122 della Costituzione, che al primo comma dispone che “Il sistema di elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta è disciplinato con legge della Regione nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica”. Da tale disposizione si ricava che le Regioni (a statuto ordinario) hanno sì una competenza legislativa in materia elettorale, ma che questa è vincolata al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla legge statale, che rappresentano limiti invalicabili per l’autonomia regionale. L’articolo 2 della citata legge n. 165 del 2004, appunto attuativa dell’articolo 122, primo comma, Cost., rubricato “Disposizioni di principio, in attuazione dell’articolo 122, primo comma della Costituzione, in materia di ineleggibilità”, al comma 1 stabilisce che la competenza legislativa regionale nella disciplina dei casi di ineleggibilità va esercitata nel rispetto di una serie di principii fondamentali, tra cui rileva qui quello di cui alla lett. f): occorre, da parte ci ciascuna legge regionale, la “previsione della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia”.

Il limite dei due mandati è così individuato come una disposizione di principio in materia di ineleggibilità alle cariche di presidente di organo eletto a suffragio universale e diretto.

L’osservanza di simile limite, a titolo di principio dell’ordinamento, da parte delle Autonomie speciali è imposta oggi e da tempo a norma dei rispettivi Statuti speciali, che la legge costituzionale n. 2 del 2001 ha novellati in modo che, oltre alle Regioni speciali e alla Provincia autonoma di Bolzano, anche la Provincia autonoma di Trento ha potestà legislativa in tema di forma di governo “e, specificatamente, [...] i casi di ineleggibilità”, tra l’altro, con la carica di “Presidente della Provincia” (art. 47 Stat. TAA, come in tal senso modificato dall’articolo 4, comma 1, lett. v), della l. cost. n. 2 del 2001). Questa potestà è sottoposta a un regime del tutto peculiare di limiti, di ordine procedurale (possibilità di impugnazione governativa entro 30 giorni dalla pubblicazione della legge statutaria ed eventuale sottoposizione a referendum regionale confermativo) oltre che di ordine sostanziale (è proprio il caso dell’insieme di limiti e vincoli con cui la citata disposizione statutaria esordisce, l’“armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica” e “il rispetto degli obblighi internazionali”, oltre naturalmente all’osservanza delle pertinenti disposizioni dello Statuto medesimo.

In merito alla riconduzione del divieto del terzo (intero) mandato consecutivo alla carica di Presidente della Regione o della Provincia autonoma alla natura di principio dell’ordinamento della Repubblica in materia elettorale, si evidenzia come, in presenza di un sistema di elezione a suffragio universale e diretto delle cariche monocratiche di governo, il suddetto divieto, positivamente formalizzato anche in altri testi normativi, relativi ad altri livelli di governo (si allude all’art. 51, comma 2, del Testo unico dell’ordinamento degli enti locali-TUEL, per quanto attiene ai Sindaci dei Comuni con più di 15.000 abitanti), è rilevante soffermarsi su almeno due aspetti:

in primo luogo, che tale divieto è indubbiamente e decisivamente funzionale alla tutela del diritto di voto, alla par condicio fra i candidati e alla democraticità complessiva del sistema di governo, integrando un punto di equilibrio tra i diversi valori costituzionali coinvolti;

in secondo luogo, che, conseguentemente, tale principio non può trovare applicazione differenziata sul piano territoriale, a nulla rilevando a tale fine la differenza (per altri profili sensibile) fra Regioni ordinarie e Regioni speciali.

In relazione al primo aspetto, premesso che, in generale, il limite dei due mandati consecutivi in relazione a cariche monocratiche di governo, in presenza di elezione a suffragio universale e diretto, deve essere considerato un principio generale di organizzazione in ogni democrazia matura (significativo è, in proposito, che la Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, nel suo Report “On democracy, limitation of mandates and incompatibility of political functions” del 2013, si è pronunciata a favore di tetti ai mandati a vari livelli, e in particolare per le cariche monocratiche elettive, prospettandolo come standard della materia), rileva che in tal senso si è già espressa la giurisprudenza della Corte costituzionale in precedenti occasioni, anche recenti.

Chiamata a pronunciarsi in relazione al divieto del terzo mandato consecutivo per i sindaci, la Consulta ha affermato che tale limite è funzionale a «inverare e garantire ulteriori fondamentali diritti e principi costituzionali: l’effettiva par condicio tra i candidati, la libertà di voto dei singoli elettori e la genuinità complessiva della competizione elettorale, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in definitiva, la stessa democraticità degli enti locali» (C. cost., sent. n. 60/2023). Si tratta di un orientamento ampiamente condiviso anche dalla giurisprudenza di legittimità, che ha individuato la ratio del limite:

nello scopo di tutelare «il diritto di voto dei cittadini, che viene in questo modo garantito nella sua libertà, e l’imparzialità dell’amministrazione, impedendo la permanenza per periodi troppo lunghi nell’esercizio del potere di gestione degli enti locali, che possono dar luogo ad anomale espressioni di clientelismo» (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 26 marzo 2015, n. 6128; in termini, sezione prima civile, sentenza 6 dicembre 2007, n. 25497);

nel «favorire il ricambio ai vertici dell’amministrazione locale ed evitare la soggettivizzazione dell’uso del potere dell’amministratore locale» (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenze 12 febbraio 2008, n. 3383, e 20 maggio 2006, n. 11895);

nell’«evitare fenomeni di sclerotizzazione della situazione politico amministrativa locale» (Corte di cassazione, sezione prima civile, sentenza 9 ottobre 2007, n. 21100).

Anche la giurisprudenza amministrativa, fin dal 2008, ha statuito che la previsione di un limite al numero di mandati consecutivi si presenta quale «punto di equilibrio tra il modello dell’elezione diretta dell’esecutivo e la concentrazione del potere in capo a una sola persona che ne deriva», giacché la permanenza della medesima persona in una carica politica direttiva può produrre «effetti negativi anche sulla par condicio delle elezioni successive, suscettibili di essere alterate da rendite di posizione» (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 9 giugno 2008, n. 2765).

È acquisito alla giurisprudenza costituzionale che il principio dell’accesso alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza enunciato nell’art. 51 Cost. svolge “il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto a ogni cittadino con i caratteri dell’inviolabilità (ex art. 2 della Costituzione)” (sentenze n. 25 del 2008, n. 288 del 2007 e n. 539 del 1990). Questo diritto, “essendo intangibile nel suo contenuto di valore, può essere unicamente disciplinato da leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali altrettanto fondamentali e generali, senza porre discriminazioni sostanziali tra cittadino e cittadino, qualunque sia la Regione o il luogo di appartenenza” (cfr. ex plurimis Corte cost., sentenza n. 235 del 1988); considerazioni analoghe valgono per il più comprensivo diritto di voto sancito nell’art. 48 Cost., del pari coinvolto in quanto l’assetto dell’elettorato attivo è necessariamente inciso anche da vicende che pure direttamente limitano l’elettorato attivo.

Da ultimo, si richiama la recentissima pronuncia della Corte costituzionale n. 64 del 2025, resa sulla legge regionale della Campania 11 novembre 2024, n. 16, recante “Disposizioni in materia di ineleggibilità alla carica di Presidente della Giunta regionale, in recepimento dell'articolo 2, comma 1, lettera f) della legge 2 luglio 2004, n. 165”. La Corte ha dichiarato incostituzionale le disposizioni per cui non era immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Giunta regionale chi, allo scadere del secondo mandato, ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi, ha tuttavia stabilito che, «[a]i fini dell’applicazione della presente disposizione, il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge». Con tale ultimo inciso, il legislatore campano aveva reso inapplicabile, per la prossima tornata elettorale, il principio fondamentale del divieto del terzo mandato consecutivo posto dal legislatore statale con la legge n. 165 del 2004, così violando l’articolo 122, primo comma, della Costituzione, che attribuisce al legislatore regionale il compito di disciplinare, tra l’altro, le ipotesi di ineleggibilità del Presidente della Giunta regionale nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica.

In relazione al secondo aspetto, poi, assunto che la natura di principio generale dell’ordinamento propria del limite dei due mandati consecutivi si evidenzia anche grazie alla rispondenza di quest’ultimo all’esigenza di garantire l’uniforme esercizio di diritti politici fondamentali di elettorato attivo e passivo, sanciti dagli artt. 2, 48 e 51 Cost., risulta anche per tale ragione preclusa ogni differenziazione di trattamento su base territoriale. Tale conclusione, proprio per le cause di ineleggibilità, è stata più volte adottata dalla Corte costituzionale, e particolare chiarezza ha la sentenza n. 60/2023, con cui è stata dichiarata incostituzionale una legge della Regione autonoma della Sardegna, nello specifico concernente il numero massimo di mandati consecutivi dei sindaci, ivi fissato in misura superiore a quella prescelta dalla normativa statale: riconoscendo che alle Regioni a statuto speciale compete legiferare in materia di ordinamento degli enti locali, la Corte costituzionale ha ricordato tuttavia che tale competenza deve essere esercitata nel rispetto della Costituzione e dei principi dell’ordinamento della Repubblica. In particolare, esaminando, poi con esito negativo, la legge regionale sarda 11 aprile 2022, n. 9, che aumentava il numero massimo di mandati consecutivi per i sindaci rispetto a quanto stabilito dalla normativa statale, la Corte ha non soltanto affermato che “la previsione del numero massimo dei mandati consecutivi – in stretta connessione con l’elezione diretta dell’organo di vertice dell’ente locale, a cui fa da ponderato contraltare – riflette infatti una scelta normativa idonea a inverare e garantire ulteriori fondamentali diritti e principi costituzionali: l’effettiva par condicio tra i candidati, la libertà di voto dei singoli elettori e la genuinità complessiva della competizione elettorale, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in definitiva, la stessa democraticità degli enti locali”; ma ha anche sottolineato l’importanza di una disciplina uniforme sul territorio nazionale per quanto riguarda l’accesso alle cariche elettive, al fine di garantire l’uguaglianza sostanziale tra i cittadini e la democraticità degli enti locali.

Ne consegue che soltanto leggi generali della Repubblica possono limitare diritti politici fondamentali, individuando il punto di equilibrio indefettibile e inderogabile fra il diritto di elettorato e il principio democratico. Una disciplina regionale – sia essa riferibile a Regioni ordinarie o Autonomie speciali – non può alterare questo punto di equilibrio, se non violando gli artt. 2, 3, 48 e 51 Cost. Nell’esprimersi nei medesimi termini con la sentenza n. 143 del 2010, in specifico riferimento alla potestà legislativa esclusiva della Regione siciliana in tema di ineleggibilità e incompatibilità dei consiglieri degli enti locali (prevista dallo Statuto), la Corte costituzionale già aveva sancito che “la disciplina regionale di accesso alle cariche elettive deve essere strettamente conforme ai principi della legislazione statale, a causa dell’esigenza di uniformità in tutto il territorio nazionale discendente dall’identità di interessi che Comuni e Province rappresentano riguardo alle rispettive comunità locali, quale che sia la regione di appartenenza”,

In tale occasione, la Corte costituzionale aveva precisato che “discipline differenziate sono legittime sul piano costituzionale, solo se trovano ragionevole fondamento in situazioni peculiari idonee a giustificare il trattamento privilegiato riconosciuto dalla disposizione censurate”, tornando a ribadire la già in precedenza evocata possibilità che emerga la “necessità di adattare la disciplina normativa alle particolari esigenze locali” (Corte cost. sent. n. 82 del 1982); allo stesso modo, anche nella citata, più recente sentenza n. 60/2023, ha ribadito ancora che uno scostamento dalla disciplina statale è possibile “in presenza di «particolari situazioni ambientali» (sentenza n. 283 del 2010) o «condizioni peculiari locali» (sentenze n. 143 del 2010 e n. 276 del 1997), o «condizioni locali del tutto peculiari o eccezionali» (sentenza n. 539 del 1990), ossia «in presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali siano esclusive» per la regione ad autonomia speciale, «ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale» (sentenza n. 288 del 2007; in termini identici, sentenza n. 108 del 1969), o, ancora, «solo per particolari categorie di soggetti che siano esclusive della Regione» (sentenza n. 189 del 1971)”.

Tuttavia, con ogni evidenza, nessuna di queste peculiarità locali, del tutto eccezionalmente legittimanti interventi derogatori rispetto al punto di equilibrio fissato unitariamente dalla normativa statale, è rinvenibile nel caso in esame: non dimensioni demografiche singolarmente contenute, non peculiarità geografiche specificamente proprie della sola Provincia autonoma di Trento, non condizioni lato sensu ambientali che richiedano particolari discipline ai fini della selezione di eccentrici requisiti di elettorato (attivo e) passivo per l’accesso alla carica presidenziale in questione.

Pertanto, tenuto conto che la materia dell’ineleggibilità è affidata alla competenza legislativa “statutaria” della Provincia autonoma, che deve esercitarla nel rispetto della Costituzione e dei principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica (oltre che degli obblighi internazionali e delle disposizioni statutarie), nonché di quanto finora evidenziato a sostegno dell'affermazione della natura di principio dell’ordinamento giuridico della Repubblica del divieto del terzo mandato per gli organi elettivi degli enti territoriali (le Regioni, ordinarie e speciali, come pure le Province autonome), deve concludersi che la legge della Provincia autonoma di Trento non rispetta il prefato principio dell’ordinamento della Repubblica; producendo così un contrasto con l’articolo 47, secondo comma, dello Statuto del Trentino-Alto Adige, a norma del quale la legge provinciale determina la forma di governo della Provincia e, specificatamente, le modalità di elezione del Presidente della Provincia, nonché i casi di ineleggibilità e di incompatibilità di tale carica, in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, tra cui spicca quello desumibile dall’articolo 2, comma 1, lett. f), della legge n. 165 del 2004, che impone alle legislazioni elettorali regionali la “previsione della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia”.

La violazione ora rilevata si traduce anche in lesione del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, cui dà “compiuta attuazione” (sent. n. 60/2023) l’art. 51 della Costituzione in tema di accesso alle cariche pubbliche elettive. Infatti, avendo la legge n. 165 del 2004 stabilito la durata dei mandati dei Presidenti di Giunta regionale nel limite di due mandati (senza distinzione tra Regioni ordinarie e Regioni a statuto speciale), con coerente corrispondenza peraltro nel Testo unico degli enti locali (art. 51), che del pari fissa in due mandati anche il limite di eleggibilità per i Presidenti di provincia (fintantoché erano eletti direttamente, dunque nell’assetto previgente alla sopraggiunta riforma operata dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, c.d. legge Delrio) e i Sindaci (sia pure con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, con graduazione del limite per quelli con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000), l’attuale previsione del superamento di tale limite per il Presidente della Provincia autonoma di Trento configura una palese violazione del principio di uguaglianza tra tutti i cittadini che si candidano a rivestire corrispondenti cariche sul medesimo territorio italiano. L’articolo 14, comma 2, citato, dando vita a un assetto che in definitiva pregiudica i fondamentali diritti politici da assicurare a tutti i cittadini sull’intero territorio italiano per mezzo di una disciplina del numero dei mandati consecutivi di Presidente della Provincia autonoma ingiustificatamente eccentrico rispetto alle previsioni unitariamente fissate dalla normativa primaria statale del 2004, configura, altresì, una palese violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione, nella particolare declinazione in relazione all’accesso alle cariche pubbliche elettive di cui all’articolo 51 della Costituzione, con i ripercorsi addentellati lesivi anche a carico dell’elettorato attivo radicato nell’articolo 48 della Costituzione.

Tenuto conto di quanto finora evidenziato e argomentato, si chiede l’impugnazione del Testo di legge in epigrafe che modifica l’articolo 14, comma 2, della legge statutaria della Provincia autonoma di Trento 5 marzo 2003, n. 2, per violazione dell’articolo 47, secondo comma, dello Statuto del Trentino Alto-Adige, e degli articoli 2, 3, 48 e 51 della Costituzione.