Dettaglio Legge Regionale

Dettaglio legge regionale
Titolo Modifiche alla legge regionale 7 agosto 2014, n. 16 (Interventi di rilancio e sviluppo dell’economia regionale nonché di carattere ordinamentale ed organizzativo)”
Regione Campania
Estremi Legge n. 6 del 29-05-2025
Bur n. 35 del 29-05-2025
Settore Politiche ordinamentali e statuti
Delibera C.d.M. 22-07-2025 / Impugnata
Legge regionale della Campania 29 maggio 2025, n. 6, recante “Modifiche alla legge regionale 7 agosto 2014, n. 16 (Interventi di rilancio e sviluppo dell’economia regionale nonché di carattere ordinamentale ed organizzativo)”.

Pubblicata sul BUR Campania n. 35 del 29 maggio 2025

Scadenza impugnativa: 28 luglio 2025

La predetta legge regionale ha novellato l’articolo 1, comma 213-bis, della legge regionale 7 agosto 2014, n. 16, come già modificato dalla legge regionale 11 novembre 2024, n. 17. Il legislatore regionale ha sostituito le parole “213-bis. La causa di ineleggibilità prevista per i soggetti di cui alla lettera i) non ha effetto se le funzioni esercitate dall'interessato sono cessate almeno novanta giorni prima della data di scadenza naturale del quinquennio di durata del Consiglio regionale” con le parole “213-bis. La causa di ineleggibilità prevista per i soggetti di cui alla lettera i) non ha effetto se le funzioni esercitate dall'interessato sono cessate almeno sessanta giorni prima della data di scadenza naturale del quinquennio di durata del Consiglio regionale, intendendosi per data di scadenza naturale del quinquennio di durata del Consiglio regionale quella relativa alla data del voto per il rinnovo del Consiglio regionale stesso del quinquennio precedente, secondo quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, della legge 2 luglio 2004, n. 165”.

Per effetto della novella legislativa, non sono eleggibili alla carica di Presidente della Giunta e di consigliere regionale della Regione Campania (comma 212) i sindaci di tutti i comuni compresi nel territorio regionale, a nulla rilevandone la dimensione demografica (lett. i) del comma 213). Tale causa di ineleggibilità è, però, rimovibile: fermo restando il caso eccezionale in cui la durata della legislatura sia inferiore al previsto “quinquennio” (nel quale la rimozione della causa di ineleggibilità deve avvenire non oltre il 7° giorno successivo a quello di indizione delle nuove elezioni – la relativa disposizione normativa, non oggetto di modificazioni ad opera della legge regionale in esame, esula dall’ambito di ogni censura), di regola recuperano la piena eleggibilità i sindaci le cui funzioni cessino almeno sessanta giorni prima della data di scadenza naturale del “quinquennio di durata del Consiglio regionale”. Si precisa, in merito, che la stessa disposizione provvede a individuare quest’ultima data facendo riferimento a quella del voto per il rinnovo del Consiglio regionale stesso del quinquennio precedente; precisazione la cui ragion d’essere va rinvenuta nel contesto della storia istituzionale recente degli organi elettivi della Regione Campania, la cui legislatura immediatamente precedente a quella corrente, prevista in scadenza per la primavera del 2020, aveva avuto una durata superiore di alcuni mesi in quanto prorogata ex lege affinché le nuove elezioni potessero svolgersi in periodo più consono, rispetto alla primavera 2020, dal punto di vista epidemiologico.

La disposizione sopra riportata è frutto di un esercizio delle competenze legislative attribuite alla Regione che, eccedendole, presenta profili di illegittimità costituzionale.

La novella legislativa, infatti, si caratterizza per il contrasto con la normativa statale interposta al parametro costituzionale di cui all’articolo 122, primo comma, della Costituzione, la quale è rinvenibile nell’articolo 2, comma 1, lett. b), della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante “Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione”. In base a quest’ultima, le regioni sono chiamate a disciplinare con legge le fattispecie di ineleggibilità, nei limiti del principio fondamentale, tra l’altro, dell’inefficacia delle stesse “qualora gli interessati cessino dalle attività o dalle funzioni che determinano l’ineleggibilità, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature o altro termine anteriore altrimenti stabilito”. Occorre tenere presente che la citata presentazione delle candidature, in Campania, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, l.r. 4 del 2009, deve avvenire “nei termini fissati dall’articolo 1, comma 3, della legge n. 43/1995 e dall’articolo 9 della legge n. 108/1968”, ossia “dalle ore 8 del trentesimo giorno alle ore 12 del ventinovesimo giorno antecedenti quelli della votazione”, così creandosi un periodo di circa trenta giorni appositamente dedicato alla campagna elettorale.

La nuova previsione normativa presenta ricadute penalizzanti sul completamento del mandato degli organi di governo dei comuni di minori dimensioni (cioè con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti), considerato che i sindaci interessati alla candidatura regionale si troverebbero a dover rinunciare al proprio ufficio ampiamente prima del dies nel quale ciascuno di essi e le preposte istituzioni acquisiscono formale certezza dell’effettiva cristallizzazione delle candidature in ambito regionale.

Appare opportuno ricordare che la disposizione di interesse interviene a modificare, sostituendone in sostanza il primo periodo, il citato comma 213-bis dell’articolo 1 della legge regionale n- 16 del 2014, rispetto alla formulazione adottata dalla citata legge regionale n. 17 del 2024. Quest’ultima, stabilendo la cessazione delle cause di ineleggibilità ove rimosse almeno novanta giorni prima della data di scadenza naturale del quinquennio di durata del Consiglio regionale, presentava, almeno con riferimento ai potenziali candidati già sindaci dei comuni minori, i medesimi profili di illegittimità costituzionale sottesi alle odierne censure, sebbene maggiori nell’intensità rispetto a quelli ora di interesse, nel senso che all’epoca l’esercizio della potestà legislativa regionale di individuazione del “termine anteriore altrimenti stabilito” cui allude l’articolo 2, comma 1, lett. b), della legge n. 165 del 2004 risultava ancora meno assistito da sempre imprescindibili criteri di proporzionalità e ragionevolezza, da cui si discosta però anche l’odierno caso della legge regionale n. 6 del 2025.

Infatti, la Regione Campania, pur essendosi impegnata a modificare tale previsione in esito ai rilievi di legittimità costituzionale formulati dagli organi centrali competenti e assunti dal Consiglio dei ministri a base della mancata impugnazione della citata legge regionale n. 17 del 2024, ha, tuttavia, mantenuto sostanzialmente fermo il meccanismo già oggetto di tali rilievi: si è, infatti, limitata a ridurre da novanta a sessanta giorni (rispetto alla data di celebrazione dei comizi) la durata della fase in cui il soggetto appena dimessosi dalla carica di sindaco (di comune di qualsiasi dimensione demografica, quindi inclusi quelli minori) resta in attesa di un’eventuale candidatura elettorale in ambito regionale (presidenziale e consiliare), quando avrebbe dovuto articolare la disciplina secondo proporzionalità e ragionevolezza in ragione delle dimensioni demografiche degli enti locali di riferimento. Se si fosse mantenuta in linea con l’impegno formalmente assunto, avrebbe contemplato, in favore dei sindaci dei comuni minori (cioè con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti), un’opportuna riduzione a trenta giorni di tale termine, individuando la scadenza per le dimissioni di tali sindaci, in altri termini, esattamente nel giorno fissato per la presentazione delle candidature; e procurando anche che almeno tali piccole comunità politiche rimanessero prive degli organi di governo democraticamente eletti per il minor tempo possibile.

Il rilevato scostamento rispetto al proporzionato e ragionevole assetto oggetto di impegno non è sufficientemente attenuato, peraltro, dalla tecnica di individuazione del dies ad quem del termine previsto per la rimozione dell’ineleggibilità che parrebbe essere stata adottata dalla riportata disposizione regionale di interesse. Quest’ultima, infatti, parrebbe formulata appositamente in modo da conseguire il plausibile effetto di assicurare che la fase in cui l’ex sindaco resta in attesa dell’eventuale candidatura (e già lascia il proprio ente territoriale definitivamente privo degli organi di governo democraticamente eletti) non possa aumentare in base a eventuali vicende concrete di varia sorta rese possibili dall’ordinamento vigente, ma si mantenga sempre alla distanza fissa di trenta giorni, destinati alla campagna elettorale, rispetto al giorno che il Presidente della Regione definitivamente individuerà per lo svolgimento delle nuove elezioni, in esercizio del potere di indizione di cui all’articolo 5, comma 1, della legge n. 165 del 2004 (“[...] le elezioni dei nuovi Consigli hanno luogo non oltre i sessanta giorni successivi al termine del quinquennio o nella domenica compresa nei sei giorni ulteriori”), esplicitamente richiamato dalle disposizioni qui censurate. Tale tecnica appare quantomeno idonea a impedire che la rilevata lesione costituzionale possa ulteriormente aggravarsi, ma certamente non la elimina.

La previsione censurata risulta, in definitiva, discriminatoria nei confronti dei sindaci, poiché limita indebitamente la possibilità di partecipazione attiva alla vita politica regionale e risulta lesiva del principio di uguaglianza e di accesso paritario all’elettorato passivo, creando una disparità ingiustificata fra i vari attori politici; oltre a lasciare un numero potenzialmente elevato di comuni privi degli organi di governo ivi rispettivamente eletti per un tempo da ritenersi irragionevolmente elevato, peraltro a tutto detrimento del buon andamento e della pregnanza particolare che esso assume nel contesto della vita politica locale, massimamente connotata, specialmente nei contesti di minore dimensione demografica, dal principio di sussidiarietà come prossimità delle istituzioni politiche rappresentative ai consociati rappresentati.

I sindaci interessati a concorrere per il Consiglio regionale o la presidenza, infatti, si trovano a dover rinunciare al proprio incarico, con evidenti ricadute negative sulle comunità da ciascuno amministrate, in forte anticipo sulla scadenza naturale, senza alcuna certezza circa la propria inclusione in una delle liste provinciali da presentare per le elezioni regionali.

Da quanto evidenziato consegue che il comma 213-bis della legge della legge regionale 7 agosto 2014, n. 16, come già modificato dalla legge regionale 11 novembre 2024, n. 17, ed ora modificato dall’articolo 1, comma 1, della legge regionale 29 maggio 2025, n. 6, viola il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3, primo comma, della Costituzione per quanto concerne il diritto di elettorato passivo di tutti i sindaci della Regione Campania, sottoposti ad un regime di ineleggibilità regionale più restrittivo di quello stabilito dalla legge statale, con evidente disparità di trattamento con i sindaci delle altre regioni.

La medesima disposizione, nel trovarsi in contrasto con i principi di proporzionalità e ragionevolezza in un contesto di competizione elettorale, viola altresì i principi di cui all’articolo 51, primo comma, della Costituzione, che assicura l’accesso dei cittadini agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza: il termine per rassegnare le dimissioni dalla carica di sindaco è irragionevolmente anticipato rispetto a quello previsto per la candidatura alle elezioni regionali e, per tale ragione, comporta una surrettizia riduzione della platea dei soggetti candidabili alle elezioni regionali, escludendo, di fatto, molti dei sindaci in carica, senza alcuna modulazione/distinzione su base demografica; e impedendo, altresì e peraltro, che verso questi ultimi confluiscano suffragi altrimenti liberi di essere così indirizzati, con conseguente compromissione degli spazi costituzionalmente garantiti anche sul fronte dell’elettorato attivo.

Da quanto argomentato si evidenzia come la citata previsione non operi un ragionevole e ponderato bilanciamento tra gli interessi di primaria pregnanza protetti dai pertinenti principi e regole della Costituzione, consistenti, da un lato, nell’interesse degli organi di governo degli enti locali a pervenire alla propria scadenza naturale, vedendosi assicurata la continuità amministrativa e, dall’altro lato, nell’interesse delle comunità locali ad avere un governo stabile e conforme agli esiti elettorali per l’intera durata della consiliatura; nonché negli interessi, convergenti, dei potenziali candidati, quanto alla prospettiva di concorrere il più possibile liberamente alle cariche elettive regionali e dei potenziali elettori, quanto all’opportunità di esprimere liberamente i rispettivi suffragi in favore dei predetti candidati, su entrambi i versanti con arricchimento della competizione elettorale e quindi a vantaggio anche delle istituzioni politiche medesime.

Per i motivi esposti, il comma 213-bis dell’articolo 1 della legge della legge regionale 7 agosto 2014, n. 16, come introdotto dalla legge regionale 11 novembre 2024, n. 17, e successivamente modificato dall’articolo 1, comma 1, della legge regionale 29 maggio 2025, n. 6, deve essere impugnato dinanzi alla Corte costituzionale in quanto in contrasto: con l’articolo 122, primo comma, della Costituzione, sul riparto della competenza legislativa in materia di cause di ineleggibilità alle cariche di Presidente e consigliere regionali, attribuita a ciascuna Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge statale, nella specie dall’articolo 2, comma 1, lett. b), della legge n. 165 del 2004, norma statale interposta al predetto parametro costituzionale, e con l’articolo 3, primo comma, della Costituzione, per violazione dei principi di uguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza nell’esercizio della potestà legislativa spettante alla Regione; nonché con l’articolo 51, primo comma, della Costituzione, che declina il principio di eguaglianza di cui al precedente articolo 3 assicurando la parità di accesso dei cittadini alle cariche pubbliche.

La pura e semplice dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione censurata ne porrebbe in reviviscenza la versione precedente, come introdotta dalla l.r. 17 del 2024, giacché, per salda giurisprudenza costituzionale, il principio per cui abrogata lege abrogante non reviviscit lex abrogata non trova applicazione appunto nel diverso caso della declaratoria di incostituzionalità: questa reca(va) il già ricordato termine di novanta giorni, che naturalmente risulta ancor più lesivo dei medesimi parametri qui invocati. Pertanto, l’utilità sostanziale richiesta s’individua nella completa estromissione dall’ordinamento regionale campano, con riferimento ai sindaci dei comuni minori (con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti), del “termine anteriore altrimenti stabilito” cui allude l’articolo 2, comma 1, lett. b), della legge n. 165 del 2004, come individuato tanto dalla legge regionale n. 17 del 2024, in novanta giorni prima della data delle elezioni, quanto dalla legge regionale n. 6 del 2025, in sessanta giorni; con conseguente applicazione, almeno transitoria, del termine che il segmento immediatamente precedente della medesima disposizione statale individua nel “giorno fissato per la presentazione delle candidature”.