Intervista su Eco di Bergamo

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Di seguito, il testo integrale dell'intervista:

«L’AUTONOMIA VIAGGIA A SETTEMBRE AVVIEREMO L’ITER PARLAMENTARE»

di FRANCO CATTANEO

Per fare questa intervista, Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, ha dovuto interrompere la raccolta delle nocciole nella cascina di Cereseto, nel Monferrato, dove trascorrerà le ferie, e abbandonare il trattore: «Guidare il trattore - precisa - è la cosa che mi piace di più dopo l’Autonomia regionale differenziata, che intendo portare a casa a settembre con Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria».

Ministro, il governo ha riaperto la partita o ha parcheggiato l’Autonomia a bordo campo?
«Contrariamente a certe affermazioni che leggo e sento, l’Autonomia non s’è fermata affatto. Anzi. La Corte Costituzionale, con i suoi rilievi dei mesi scorsi, ha fissato i paletti, io li ho rispettati e intanto mi sono mosso. Non è stato facile trovare la sintesi fra le Amministrazioni centrali tentate dal mantenere sostanzialmente lo status quo e i governatori che chiedono più autonomia. L’iter sta procedendo bene e sono soddisfatto. Ho raggiunto un’intesa con i governatori di Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria e con i ministri competenti su tre materie che non riguardano i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni): protezione civile, professioni, previdenza complementare integrativa. A queste s’è aggiunta la sanità, in particolar modo per il coordinamento della finanza pubblica: così ha stabilito la Consulta, anche se si tratta di una materia nell’ambito dei Lep, e pertanto possiamo procedere pure in questo settore. C’è già la bollinatura della Ragioneria. In questi giorni ho sottoposto a Giorgia Meloni la proposta dell’accordo che mi auguro possa essere sottoscritta dalla premier a settembre per avviare il percorso parlamentare. Sarei felice di poter annunciare al raduno di Pontida del prossimo mese il lancio del primo pacchetto sull’Autonomia».

Però l’Autonomia non è stata sorpassata dalla legge su Roma capitale?
«Non è così, cioè non è che sia stata attribuita l’autonomia a Roma prima dell’autonomia regionale. La norma su Roma capitale gira in Parlamento dal 2001, dalla riforma del Titolo V della Costituzione, e si tratta di un disegno di legge costituzionale che ha bisogno di 4 passaggi parlamentari. È soltanto l’inizio di un percorso. Piuttosto ha ragione Zaia quando ha lanciato l’idea delle Città-Stato, come Milano e Venezia, per quanto non esistano sul piano costituzionale. Tanto più che si dovrebbe sanare l’errore di aver istituito troppe città metropolitane, un rango istituzionale che andrebbe riservato solo a chi ha specifici requisiti: appunto come Milano, Venezia e pochissime altre».

Il Ponte di Messina che vuole Salvini è un po’ lontano dalle istanze nordiste.
«Calma e gesso: prima i fatti, dopo le chiacchiere. Ho imparato a mie spese che più parli di Autonomia regionale e più nascono problemi. Quindi ho cambiato completamente atteggiamento: dopo la pronuncia della Consulta, ho lavorato sottotraccia e ora dovrei portare a casa le 4 intese. Se avessi sbandierato la questione Nord, i nostri sarebbero stati contenti, però l’esito non sarebbe mai stato raggiunto. Il Nord, per me, è sempre in agenda e nel cuore, tuttavia dobbiamo ragionare in positivo e non in contrapposizione. Quelli che si dicono nordisti e che sollevano rumorosamente la questione settentrionale ci danneggiano. E, poi, cerchiamo di essere realisti, visto che Camera e Senato sono composti per due terzi da parlamentari del Centro-Sud. Meno parole e più azione di convincimento, perché ciò che fa bene al Nord fa bene all’Italia».

Zaia e il Veneto: epopea finita?
«Resto convinto che il vincolo che proibisce il terzo mandato non abbia senso e interrompere la stagione di Zaia mi pare un delitto. Salvini, correttamente, ha detto che una lista del governatore sarebbe un valore aggiunto. Io avrei una soluzione possibile, ma non posso dirvela. Detto questo, non metto in dubbio la preminenza di Fratelli d’Italia oggi, però dobbiamo anche guardare ai flussi elettorali. Alle Politiche e alle Europee c’è il traino di Giorgia, ma alle Amministrative, dove il senso del voto è molto diverso, i nostri candidati vincono. Anche qui, calma e gesso: bisogna saper leggere i numeri».

La partita di giro, in ogni caso, sarebbe la Lombardia che passerebbe a Fdi mentre il Veneto resterebbe a voi?
«Lo dico con simpatia: la faccenda dello scambio è nella testa di voi giornalisti. Personalmente non sacrifico niente in ragione di uno scambio. La Lombardia vota nel 2028, in un’altra era politica. Come si fa a parlarne ora? Non vedo cosa ci sia da mettere in discussione oggi».

Lei sembra essersi ritagliato un ruolo di cerniera fra vecchia guardia e salviniani, ma dobbiamo parlare di Lega Nord o Lega ex Nord?
«Quella di oggi è una Lega nazionale, ma che è partita dal Nord: quindi prima viene il Settentrione e poi il resto. Questione di sensibilità, di emozioni e di affetti, non significa però disinteressarsi del Sistema Paese. Io vado d’accordo con Salvini: cerco di usare il buon senso e ne trovo altrettanto da lui quando affrontiamo questioni importanti. Il mio intento è creare quella armonia sostenibile e pragmatica fra l’ala storica alla quale appartengo e la nuova componente. Recentemente sono stato a casa da Bossi, con mia moglie, per aggiornarlo sulle intese in relazione all’Autonomia e l’ho trovato contento. La volta precedente ero stato con Salvini e anche in quella occasione il clima era più che positivo».